Gino Severini
Natura morta, 1918

[A Parigi], entrando nel mio nuovo studio, ebbi subito l'impressione di aver fatto male a cambiare; i nuovi muri, da poco tinti in grigio, mi disorientavano, mentre il grigio dell'altro studio si era raffinato, era divenuto raro, grazie a qualche anno di vita e di luce, e perciò mi era familiare. Anche la luce era diversa e queste cose contano molto per i pittori… Mi ero messo, malgrado tutto, a lavorare con molta lena; e dopo un certo tempo potei mostrare a Rosenberg diverse opere condotte a termine.

Gino Severini
Natura morta, 1918
olio su tavola
60 x 82 cm

Subito dopo l'armistizio, vi fu a Parigi una ripresa inaudita di ogni attività, un entusiasmo sbalorditivo in tutto. Affluivano da ogni parte gli artisti stranieri… D’italiani, nel campo dell'arte di avanguardia, non eravamo che Modigliani ed io; ma… vennero presto a Parigi tanti stranieri che, ad un certo momento, gli artisti erano circa quarantamila.

Gino Severini nello studio a Parigi nel 1915. Sullo sfondo alcune opere del periodo.

Amedeo Modigliani, Pablo Picasso e André Salmon
a Parigi nel 1915.

Guillaume Apollinaire a Parigi nel 1917.
(Courtesy Roger-Viollet).

Il dipinto reca, al retro, la data manoscritta Janvier 1918.

Nei mesi che precedono l’armistizio, Parigi torna a essere una città in grande fermento. Si aprono nuove gallerie grandi e piccole. La rue de la Boétie, che si estende fino a Faubourg de Saint-Honoré, diviene idealmente il centro delle grandi gallerie. Anche L’Effort Moderne inizia un'attività straordinaria. Fernand Léger è tornato ben prima dell'armistizio, ricominciando a lavorare per Rosenberg.
Gli artisti che fanno capo alla sua galleria sono poco più di una dozzina, tra i quali Juan Gris, Georges Braque, Pablo Picasso e Severini stesso.

La galleria de “L’Effort Moderne”, situata al 19 della rue de la Baume (VIIIème) non era come le altre; essa era costituita da due piani e da un pianterreno di una palazzina e non aveva una vetrina sulla strada. Era dunque, come suol dirsi a Parigi, un “petit hôtel particulier” e quindi aveva un'aria più aristocratica che commerciale. Questo intimidiva molto gli artisti e visitatori in genere, malgrado che all'entrata principale fosse un uomo vestito di nero che, con molta cortesia, apriva e chiudeva la porta a vetri.

Nel particolare qui riprodotto si notino alcuni elementi di singolare raffinatezza: i profili dorati della scatola del “Petit Beurre”, il rimando alla grafia degli inserti pubblicitari dell’epoca, la raffinatezza delle ombre sfumate, il dripping in rilievo che definisce i piani marmorei sovrapposti, la memoria del pointillisme futurista, il sapiente equilibrio degli accostamenti cromatici.

Il dipinto, già di proprietà di Alfonso Orombelli, noto collezionista milanese, rientra nella selezione di opere scelte per la sala personale alla XXV Biennale di Venezia del 1950. Per l’occasione vengono esposti ben 32 quadri, fra i quali due nature morte del 1919 di proprietà di Henry e Maria Duckett. Il dipinto figura nel 1957 nella grande mostra d’arte italiana organizzata dalla Quadriennale di Roma all’Haus der Kunst di Monaco di Baviera, quindi nella ricca antologica dell’artista in Palazzo Venezia a Roma nel 1961.