a cura di Fabrizio D'Amico
05.12.1999 — 13.02.2000
a cura di Fabrizio D'Amico
05.12.1999 - 13.02.2000Varie sono state in passato le iniziative volte a documentare l’opera di Toti Scialoja, dagli esordi all'insegna di un espressionismo non privo di declinazioni in senso lirico fino alle larghe stesure gestuali degli anni ’80 e ’90. Se l’importante esposizione allestita a Roma alla Galleria Nazionale di Arte Moderna nel 1991 ha considerato l’intero percorso della sua ricerca, in altre occasioni l’attenzione è stata rivolta alla produzione più recente, tralasciando l’analisi di periodi precedenti particolarmente significativi.
Si è ritenuto quindi di estremo interesse una mostra dal taglio inedito e particolare, centrata sulla pittura di Toti Scialoja tra il 1955 e il 1963, negli anni in cui, coinvolto nelle esperienze astratto-concrete e in sintonia con gli esiti dell’arte d’oltreoceano, egli frantuma l’immagine, liberata dai contenuti naturalistici, per ricomporli in un vorticoso dinamismo segnico o secondo la scansione ritmica di un modulo costante. La rassegna si è tenuta a Verona alla Galleria dello Scudo dal 5 dicembre 1999 al 13 febbraio 2000, realizzata con il patrocino dell’Assessorato alla Cultura del Comune e di Verona e della Fondazione Toti Scialoja di Roma nell'ambito di un progetto dedicato all'astrattismo Italiano nel secondo dopoguerra, avviato con le esposizioni dedicate ad Afro e a Renato Birolli nel 1989 e nel 1990.
Con una selezione di trenta dipinti provenienti dalla Fondazione Toti Scialoja, la mostra, a carattere strettamente scientifico, evidenzia come, dopo la stagione neocubista che connota gli anni ’40, l’artista abbia raggiunto nel decennio successivo una libertà d’espressione vicina al linguaggio dei grandi americani Kline e de Kooning. A introdurre il percorso espositivo sono alcuni lavori del 1955, come La Caccia n. 1 o Il sonno di un’ora, accordati su un registro sapiente di terre scure e grigi plumbei: bagliori di luce si accendono e subito muoiono sotto i colpi incrociati di un tratto vibrato con forza che cancella l’ultimo labile aggancio narrativo. In Ostaggio e Sovrapposto dell’anno seguente, il gesto invade in campo pittorico senza assumere esplicitamente alcun significato preordinato. Il ricorrere a pigmenti anticanonici e alla canapa grezza come supporto sancisce il definitivo affrancamento dalle preziosità implicite nella pittura a olio e a tempera.
Tra le opere realizzate dopo il soggiorno a New York nel 1956 presenti nella mostra, di altissima qualità e dai toni decisi, emergono Persecuzione (1957), una tela di grandi dimensioni in cui è sperimentata la tecnica del dripping con le cadute di colore ad enfatizzare l’azione e strutturante del segno, Il sette di Settembre, eseguito a Procida nella tarda estate dello stesso anno, e Bilancia (1958), in cui la materia si addensa fino a saturare la superficie in stesure gremite.
Due Orizzonti, Blue Moon e Ripetizione ex ira sono i dipinti del 1959 che documentano la nuova stagione delle “impronte”, nelle quali pare annullarsi l’intervento dell’artista affidato ad una sorta di fatalità, immagini iterate divenute poi presenze enigmatiche e incombenti in alcuni grandi lavori concepiti a New York nel 1960, tra cui Manhattan e Greenwich bianco 3 e in altri realizzati a Parigi l’anno dopo come Rue de la tombe Issoire e Per M.P., quest’ultimo in memoria di Maurice Merleau-Ponty, il filosofo di cui Scialoja ha seguito le lezioni alla Sorbona. Chiude la rassegna La chasse (1963), un assemblaggio di pittura e di elementi che le sono estranei. Ora le “Impronte” in una loro successiva, estrema versione, si alternano a garze e merletti secondo un ritmo compositivo sempre imperniato su criteri di sapiente equilibrio formale.
La mostra è curata da Fabrizio D’Amico, autore di un saggio, in apertura del catalogo edito da Skira, che ripercorre le varie fasi della ricerca pittorica di Scialoja dagli esordi ai primi anni ’60, cui segue un contributo di Barbara Drudi sull’impegno dell’artista come scenografo e sui rapporti su musicisti e coreografi di fama internazionale. Completano il volume una sezione ordinata da Laura Lorenzoni in cui sono riunite lettere per lo più inedite con artisti, critici e personalità del mondo della cultura, e una cronologia ragionata di Giuseppe Appella redatta sulla base di un vastissimo materiale documentale.