a cura di Giuseppe Appella
16.12.2023 — 30.04.2024
a cura di Giuseppe Appella
16.12.2023 - 30.04.2024Alla stagione più nota della ricerca espressiva di Toti Scialoja, quella delle Impronte eseguite fra il 1957 e il 1963, è dedicata la rassegna curata da Giuseppe Appella e centrata su una selezione di trenta dipinti provenienti dalla Fondazione intitolata all’artista. Toti Scialoja, di ritorno da New York dove si è recato nel 1956 per un soggiorno di alcuni mesi trascorsi sperimentando l’assoluta libertà del gesto, matura in questo periodo un radicale cambiamento: abbandona la pittura tradizionale, dipinge ora con carte intrise di colore e pone l’impronta sulla tela affidandosi nel contempo a quel cieco automatismo, quasi a scoprire le ragioni più intime dell’animo.
Le mostre a New York alla Catherine Viviano Gallery nell’ottobre 1956, quindi a Roma alla Galleria La Tartaruga con Afro e Burri nel febbraio 1957 e, tre mesi dopo, alla Galleria Schneider, hanno già nei titoli delle opere (Interruzione, Sovrapposto, Irritazione) una spia nel processo di avvicinamento a una pittura libera e felice, lontana dal museo immaginario creato in oltre vent’anni di disciplinato impegno nell’arte, nella poesia e nella critica. Il primo ad accorgersene è un poeta, Murilo Mendes, in una lettera a Scialoja del 21 maggio 1957: “Dai suoi quadri emana una sensazione di forza e di grandezza spaziale: per Lei il colore è anche uno spazio”.
In questo spazio, complice la solitudine di Procida che ha portato in primo piano quel movimento sperimentato sin dalle prime passioni espressioniste, si sprigionano le forze automatiche capaci, tramite impulsi progressivi, di stabilire un contatto diretto tra l’artista e la tela, di comunicare le emozioni.
La mostra si apre con Il sette di settembre, 1957, uno dei primi quadri dipinti da Toti Scialoja con la tecnica dello “stampaggio”. Ogni intervento sulla tela inchiodata al suolo viene ora superato da un nuovo procedimento: “riempire di colore un foglio, rovesciarlo sulla tela e stamparlo battendo forte con le mani, fu la soluzione che apparentemente allora aboliva una mia ‘scelta’ e affidava unicamente a una ‘fatalità’ il mio intervento sulla superficie”, ricorda l’artista in una testimonianza riportata nel catalogo dell’antologica alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma nel 1991.
Grandi tele del 1958, quali Ininterrotto o Sabato sera, sono il preludio della svolta successiva, quando le impronte si fanno seriali come in Due orizzonti n. 2, 1959. “La ‘ripetizione’ – la ‘forma-impronta’ che ripete sé stessa nel campo della pagina dipinta, ricordando quanto è stata e prevedendo quel che sarà, in un ritmato fluire del tempo – è adesso per Scialoja la via privilegiata verso la verità della pittura: e invera il transito dall’esistenzialismo e dal volontarismo del gesto… al nitore del pensiero fenomenologico.” (Fabrizio D’Amico, 1999).
Il percorso espositivo prosegue con Dal teatro, appartenente alla serie dei teleri del 1960, molti dei quali realizzati nei mesi trascorsi da Scialoja a New York, in un loft in Greenwich Street. I dipinti nati durante questo suo secondo soggiorno negli Stati Uniti, da marzo a settembre, segnano uno stacco dal suo precedente lavoro, nel senso della monumentalità e della essenzialità. Sono palesemente frutto di sensibilità e formazione radicate in una terra diversa da quella d’oltreoceano, ben lontani da un’aperta adesione alle esperienze americane, e dunque governati, al contrario, da una severa ma incoercibile urgenza di “forma” del tutto europea.
Tra il 1961 e il 1964 Toti Scialoja vive a Parigi, dove lavora intensamente in uno studio in rue de la Tombe Issoire. Le tele di quel periodo si connotano per l’uso di materiali anticanonici quali corda, garza e pizzi, come in Issoire argento, 1961, e in Corda bianca, 1963. La corda, in particolare, isola sulla tela campi contigui ma distinti, in cui si inscrive l’impronta a visualizzare un processo temporale e ritmico, evidente nell’alternanza di pieno e vuoto, di scansione e pausa, di presenza e assenza. Le lezioni di Merleau-Ponty seguite alla Sorbona sono il contraltare all’irrazionalismo respirato a New York.
L’esposizione, organizzata in collaborazione con la Fondazione Toti Scialoja, rinnova l’interesse della Galleria dello Scudo per l’artista, dopo la rassegna dell’inverno 1999-2000 imperniata sulla ricerca pittorica successiva al 1955, e quella tra dicembre 2006 e febbraio 2007 dedicata alla stagione 1983-1997. In occasione della mostra ora in programma a Verona sarà presentato il Catalogo generale dei dipinti e delle sculture 1940-1998 a cura di Giuseppe Appella, pubblicato da SilvanaEditoriale. Queste iniziative, dopo l’uscita del Giornale di pittura con Quodlibet nel 2022 e della raccolta di contributi di autori vari con Electa nel 2023, ribadiscono la centralità della figura di Toti Scialoja nel panorama artistico del secondo dopoguerra.