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14.05.2016 — 31.07.2016
Una selezione di opere di Giuseppe Gallo, di date e tecniche diverse, compone il nucleo centrale dell’allestimento alla Galleria dello Scudo proposto nella primavera del 2016. Il disegno e il colore sono due componenti fondamentali del suo lavoro, grazie alle quali si può comprendere la capacità dell’arista di rimeditate la conoscenza del passato in chiave del tutto innovativa.
“Amo le persone che disegnano, è come se possedessero la carta ‘identità del pittore e dello scultore, un tutt’uno. S’, con il disegno si ha e si deve avere un rapporto mentale, fisico, terapeutico. Il disegno è anche politico, etico, non si insegna. Per disegnare bisogna usare cervello e muscoli con armonia. Per anni ho fatto uso di blocchi di carta sempre della stessa misura, 37 x 47 centimetri circa, già macchiati, disegnati, colorati; quando mi veniva voglia di disegnare ne sceglievo uno che si adattava al mio stato d’animo. Lavorare sempre con la stessa misura mi faceva sentire a casa, mi ha permesso di instaurare un rapporto d’intimità che con il foglio brutalmente bianco non avrei avuto.”
In un’altra riflessione Gallo affronta un altro tema ricorrente nel suo lavoro. “Spesso ho cercato di spostare il simbolo verso l’enigma. Soffiaci sopra, cambiargli posto. L’uomo, da quando è nato, in ogni parte del mondo, si è posto sempre la stessa domanda: perché esistiamo? Forse si può dire che il simbolo sta al nord come l’enigma sta al sud. Ancora: il simbolo sta alla cultura come l’enigma sta al credo, alla religione. Due parti oggi offese. Ahimé, risento di una perdita sia del simbolo sia dell’enigma. Servirsi dei simboli, per creare nuovi enigmi. Eccesso d’illuminismo, mancanza di sensibilità. Pericolo di ritorno a una spiritualità arcaica integralista. Noi occidentali abbiamo il compito di ordinare la scacchiera.”