Home / Esposizioni / Pietro Consagra, necessità del colore. Sculture e dipinti 1964-2000
a cura di Luca Massimo Barbero e Gabriella Di Milia
15.12.2007 — 20.04.2008
a cura di Luca Massimo Barbero e Gabriella Di Milia
15.12.2007 - 20.04.2008Il pensiero e l’opera di Pietro Consagra, nato nel 1920 e scomparso nel 2005, per la complessità dei temi affrontati nella ricerca di un nuovo rapporto tra l’uomo, lo spazio e la scultura, e per l’originalità delle soluzioni prospettate, contro il concetto di tridimensionalità da lui definita “matrice monumentale di un linguaggio estinto”, rivestono un ruolo davvero speciale nell’ambito della riflessione estetica della seconda metà del ‘900. Dopo le grandi mostre personali all’Accademia di Brera a Milano nel 1996, al Mathildenhöhe Institut a Darmstadt l’anno dopo e alla Biennale del Cairo nel 2001, che hanno documentato, a partire dalla fine degli anni ’40, le “forme” molteplici di un fare arte con sapienza e provocazione, si è ritenuto di estremo interesse una rassegna dal taglio inedito che ponesse al centro del dibattito alcuni aspetti peculiari di una lunga stagione creativa, sottolineando quanto radicale e innovativa sia stata la svolta nel linguaggio dell’autore attorno alla metà degli anni ‘60.
L’esposizione di Verona, dal carattere strettamente scientifico, realizzata in collaborazione con l’Archivio Pietro Consagra e aperta al pubblico dal 16 dicembre 2007 alla Galleria dello Scudo e al Museo di Castelvecchio, dove nel 1977 fu allestita da Carlo Scarpa l’indimenticabile mostra voluta da Giovanni Carandente e Licisco Magagnato, ha ripercorso infatti, con cinquanta opere di pittura e scultura, l’arco di quarant’anni di lavoro, a far data dal 1964, quando il principio dell’immagine frontale si è ampliato nella teorizzazione della “bifrontalità”, e nel felice uso del colore.
Dalla "necessità della scultura" alla "necessità del colore": un tragitto che l’artista percorre sino agli ultimi anni, a partire dai Piani sospesi (1964-1965), cui seguono poco dopo i Ferri trasparenti, fantastiche presenze dal profilo curvilineo e dagli spessori ancor più assottigliati, ben rappresentati nella rassegna da Ferro trasparente blu “addio Cimabue” e da Ferro trasparente rosa (1966), e, ancora, i Piani appesi e i Giardini, tutti lavori esposti nelle personali tenutesi tra il 1966 e il 1967 nelle sedi della Galleria Marlborough a Roma e New York, e al Museum Boymans-van Beuningen di Rotterdam.
L’itinerario della sezione presso il Museo di Castelvecchio si apre, nella superba Galleria delle Sculture, con Trama, l’imponente installazione di sette sculture bifrontali di legno da considerare uno degli esempi più significativi del nuovo indirizzo della ricerca di Consagra. Progettata per la Biennale di Venezia del 1972, era allestita all’ingresso del Padiglione Italia in uno spazio volutamente ristretto, per indurre il visitatore a un attraversamento coinvolgente.
Trama è realizzata l’anno in cui l’artista scopre il fascino delle “pietre” e delle infinite varianti della policromia in natura: nascono allora sculture di forte impatto, per l’enfasi dei marmi preziosi da cui sono ricavate e, soprattutto, per la modalità di approccio del tutto nuova richiesta allo spettatore. Prove di questo sperimentare sono, nelle sale della Galleria dello Scudo, la Bifrontale pietra della Versilia giallo di Siena (1973) e la Bifrontale onice giallo (1975), che anticipano di poco le due imponenti Muraglia “Cangrande”, marmo rosso Magnaboschi e Muraglia, giallo Mori e verde Alpi, innalzate nel giardino di Castelvecchio dopo un accurato restauro, proprio dove Scarpa le aveva collocate nella mostra del 1977.
Una particolare attenzione viene dedicata all’attività pittorica, documentata da numerose tele di grande formato. Così, il coloratissimo Fondo giallo (1981), o la moltiplicazione delle immagini che occupa l’intero campo di Fondo rosa (1984), sottolineano quanto stretto sia il dialogo con i coevi lavori di pietra o di legno, quasi un cortocircuito che assesta la pittura di Consagra in una posizione per nulla secondaria rispetto alla scultura.
Chiude l’esposizione la Doppia bifrontale, un ferro bianco di cinque metri di lunghezza eseguito nel 2000, successivamente ingrandito in ancor più monumentali dimensioni per la sede del Parlamento Europeo di Strasburgo. Per la consueta e sapiente distribuzione dei pieni e dei vuoti, messa in risalto dalla purezza di una cromia quasi stridente nel contrasto con l’architettura di Castelvecchio, l’opera è l’ennesima formulazione di un pensiero estetico rigoroso.
La rassegna è ordinata da Gabriella Di Milia, storica dell’arte e Direttore dell’Archivio Pietro Consagra di Milano, e da Luca Massimo Barbero, Associate Curator della Peggy Guggenheim Collection di Venezia, autore di un saggio che, in apertura del ricco catalogo edito da Skira, traccia uno stimolante itinerario attraverso le opere presenti nella mostra. Il volume è arricchito da un contributo di Fabrizio D’Amico, docente di storia dell’arte contemporanea all’Università di Pisa, centrato sulla valenza autonoma della pittura, e da un testo inedito di Abraham M. Hammacher, tra le voci più autorevoli della critica specialistica del secondo dopoguerra, che analizza l’intera ricerca di Consagra con una interpretazione di sorprendente attualità. Fotografati da Claudio Abate, i lavori proposti per l’occasione, sono commentati da Francesco Tedeschi, suddivisi in quattro sezioni; nell’ultima, Paola Marini, Direttore del Museo di Castelvecchio, introduce i saggi di Giovanni Carandente e Licisco Magagnato, datati 1977, come prologo allo studio approfondito delle sculture ubicate nella prestigiosa sede museale. Il racconto biografico, con la pubblicazione di numerosi documenti inediti, è di Francesca Pola, mentre Rosemary Ramsey e Lia Durante ricostruiscono, rispettivamente, la fortuna critica d’oltreoceano e le partecipazioni alle Biennali di Venezia. Chiude il catalogo la ricerca di Laura Lorenzoni che, attraverso un ricco epistolario, mette in luce i legami di Consagra con gli amici artisti e i rapporti con critici, storici dell’arte, collezionisti e direttori di musei europei e americani.