27.05.2023 — 22.07.2023
Con il titolo Percorsi viene presentata alla Galleria dello Scudo una selezione di opere di autori contemporanei, scelti a documentare i diversi indirizzi della ricerca espressiva dagli anni ’70 sino agli esiti più recenti. In apertura è la sala dedicata a Giuseppe Gallo, dominata dal grande quadro Mediterraneo del 2021, vibrante nella costellazione di inserti policromi sullo sfondo di color blu oltremare. Ad affiancarlo sono dipinti di minori dimensioni, in cui l’artista ripropone il peculiare repertorio di immagini e spunti figurativi.
La scultura di Nunzio, Secco del 1987, in legno combusto con applicazioni di pigmento rosso e piombo, è una rara testimonianza del suo linguaggio nel decennio scandito da importanti riconoscimenti, come il premio quale miglior giovane artista conseguito nel 1986 alla LXII Biennale di Venezia.
Le grandi tele di Marco Gastini, eseguite fra il 2017 e il 2018, sono un omaggio al maestro torinese a cui la Galleria dello Scudo ha dedicato in passato due mostre personali. Inserti in terracotta, applicazione di tessuti e carte con stesure di blu egiziano, attestano il suo costante interesse per materiali e assemblaggi inediti.
Di Eliseo Mattiacci, tra i pochi scultori contemporanei sempre attivi in un dialogo costante con gli elementi dell’universo e le forze che lo governano, sono stati selezionati due lavori del 1976, Sole e luna e Giorno e notte. La vena concettuale che ispira questa sua prima fase nasce da una riflessione sullo scorrere del tempo e dalle suggestioni che l’alternanza di luce e tenebre, chiaro e scuro possono generare nell’immaginario di un uomo del nostro tempo.
La forte personalità di Giuseppe Spagnulo è qui rappresentata da alcune carte dipinte, o meglio “scolpite”. Sabbie di origine vulcanica, ossidi di ferro, carbone, si amalgamano in impeti e scatti spesso esaltati dal rosso di cadmio, pronti a lacerare l'integrità delle superfici violate, perforate, strappate, in cui appare evidente come l’azione formativa dell’artista abbia raggiunto “l'intensità di una liturgia panica e sciamanica” (Bruno Corà).
L’impegno poliedrico con cui Arcangelo Sassolino si confronta con le energie latenti della materia, nel ridefinire le molteplici modalità di interazione tra sistemi meccanici e forze fisiche come velocità, pressione, gravità e tensione, è ora documentato da un filone particolare della sua indagine: i cementi. Nati dello strappo della materia da una matrice, rispondono all’intento di coniugare il bidimensionale col tridimensionale, la pittura con la scultura, portando con sé la memoria di una superficie immacolata, perfettamente levigata e lucida, espressione al tempo stesso di resistenza, fragilità e finezza di un materiale che rientra, anche inconsapevolmente, nella nostra quotidianità.