a cura di Lea Vergine
10.12.2005 — 18.03.2006
a cura di Lea Vergine
10.12.2005 - 18.03.2006Dalle prime mostre all'Attico a Roma e da Annina Nosei a New York negli anni '80 sino all'esposizione tra gennaio e aprile 2005 al MACRO a Roma, l'opera di Nunzio si è sempre connota, oltre che per l'eclettismo nell'impiego di materiali come il gesso, il legno e il piombo, per la rilevanza del rapporto con l'ambiente che la circonda. La sua ricerca tende a un'armonia essenziale e scarna, nella sintesi delle forme e nella proporzione tra le parti. Numerosi sono inoltre gli spunti narrativi che attingono alla letteratura, alla storia o a racconti personali: così è per Odissea, uno dei lavori presenti alla 42a Biennale di Venezia nella sezione "Aperto '86", ispirato al poema dantesco, o per Siskur, titolo della personale alla Galleria dell'Oca a Roma nel 2003, ripreso dal romanzo di Melville con un preciso rimando all'idea di un viaggio infinito, metafora dell'avventura che l'artista vive nell'aprirsi a sempre nuove sperimentazioni.
Dal concetto paradossale di un mondo dell'esperienza in cui forze misteriose si contrappongono alla realtà individuale, prendono corpo le installazioni realizzate per la mostra alla Galleria dello Scudo a Verona dal 10 dicembre 2005 al 18 marzo 2006. Con una serie di lavori di grandi dimensioni, Nunzio crea un percorso che si snoda attraverso le sale, scandito dalla successione di sipari lignei e di forme che alterano la percezione dello spazio a confronto con ideogrammi dilatati che, nella bidimensionalità dell'opera su carta, rinnovano con ritmo incalzante quel motivo curvilineo che è presente nel suo linguaggio.
La mostra si apre con una grande ambientazione che si articola come una selva in cui aste sottili in legno combusto, di un nero assoluto, si sorreggono tra loro senza alcun raccordo apparente, creando sentieri tutt'altro che lineari, nei quali è possibile addentrarsi e soffermarsi per guardarvi attraverso. L'installazione, quindi, si articola in modo del tutto nuovo rispetto al canone tradizionale della frontalità e delle prospettive laterali, divenendo essa stessa una presenza totalmente fruibile nella molteplicità delle sue valenze spaziali. L'insieme, poi, si caratterizza ancor più fortemente per la stretta relazione tra il movimento vibrante delle superfici e la profondità buia del nero.
Il legno, annerito dal fuoco, è ancora una volta il mezzo per costruire, in un serrato dialogo con l'architettura, le due strutture verticali, dense e compatte ma leggere e fluttuanti al tempo stesso, l'una con andamento curvilineo e l'altra quasi spiraliforme, che si innalzano al centro della sala successiva con il preciso intento di spezzarne l'unità volumetrica. La linea circolare diviene qui metafora della forza che il segno è in grado di esprimere nel demarcare quella zona d'ombra in cui l'individuo è attratto e fatto prigioniero.
Di intenso effetto emotivo è poi l'apparizione di un elemento misterioso, che oltrepassa il muro da parte a parte quasi ad annullare la separazione di due spazi contigui: è una presenza aperta a molteplici interpretazioni. Sottili e penetranti, le aste ricurve sospese nell'aria si impongono alla vista in un azzardato gioco di equilibri, attraversano la superficie con irruenza, sono le parti di un corpo protagonista di una inquietante scenografia.
In chiusura, grandi disegni a parete eseguiti a carbone su carta giapponese rivelano quanto per Nunzio sia inevitabile, parallelamente alla sperimentazione nell'area della scultura, giungere alla sublimazione di quegli elementi lineari che sono alla base della sua espressione. Tornano quindi, "fuori scala" e in sequenza infinita, le rette sottili o le curve talvolta esasperate che scandiscono il ritmo di una ricerca plastica in continua trasformazione. È in queste tracce che la forma denuncia tutta la sua purezza e una drammatica tragicità.
La rassegna è curata da Lea Vergine, autore di saggi fondamentali sulle avanguardie storiche e commissario alla Biennale di Venezia nel 1990. Nel catalogo edito per l'occasione, accanto a un suo testo centrato sul significato delle opere in mostra, viene pubblicata un'intervista di Hans Ulrich Obrist, curatore per l'arte contemporanea al Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris e coordinatore della sezione Stazione Utopia alla Biennale di Venezia del 2003, in cui emergono le linee conduttrici del percorso creativo di Nunzio. Il volume è corredato da un profilo biografico dettagliato di Daniela Lancioni ed illustrato dalle fotografie di Claudio Abate, che interpreta le opere nella loro interazione con lo spazio espositivo.