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a cura di Rolf Lauter e Mirta d'Argenzio
30.04.2005 — 30.06.2005
a cura di Rolf Lauter e Mirta d'Argenzio
30.04.2005 - 30.06.2005Dalle prime esposizioni da Ugo Ferranti negli anni '80 alle importanti personali a Rende nel 2001 e a Spoleto nel 2004, Giuseppe Gallo ha dimostrato una varietà espressiva che oscilla tra istanze concettuali e amore per la tradizione, tra il ricorso a tecniche antiche e sperimentazione di nuovi procedimenti. Il suo linguaggio, estremamente colto nella trama di rimandi culturali e nella creazione di un cifrario simbolico imperniato su spunti iconografici ricorrenti, accosta tra loro forme geometriche, minuziosi dettagli figurativi, sfondi astratti e composizioni articolate in strutture complesse.
Una nuova riflessione su alcuni aspetti della memoria del passato e su immagini fondamentali nel suo repertorio ha stimolato la realizzazione, tra il 2004 e il 2005, di un nucleo di opere per la mostra tenutasi alla Galleria dello Scudo a Verona dal 30 aprile al 30 giugno 2005. Con il titolo Mito-rito-sito l'artista vi ha riunito una selezione di dipinti e sculture in cui ha evocato i termini di una triplice ispirazione: il mito, a cui si ricollega la percezione di una storia ormai dimenticata ma presente nell'esperienza quotidiana attraverso evocazioni più o meno manifeste; la ritualità, nella ripetizione di elementi identici o molto simili tra loro che conferiscono alla composizione un carattere di forte unitarietà, quasi sacrale nonostante l'impiego di moduli paradossalmente dissacranti; il sito, ovvero l'opera che diviene essa stessa luogo, come la gigantesca Mater dulcissima che si trasforma in grotta capace di accogliere chiunque al suo interno.
In dipinti come Merletto veneziano, Dipende o il dittico Istogramma, l'uso della cera e di procedure inusitate nella stesura del colore ha accentuato il carattere di perfezione stilistica tesa a rifuggire qualsiasi forma di virtuosismo pittorico. La predilezione dell'encausto, derivata dal padre restauratore, non ha lasciato infatti trasparire il gesto o la pennellata, ma, mediante l'impiego di una fonte di calore, ha permesso all'artista di ottenere sfondi uniformi, in tinte naturali, creati intorno a una trama compositiva predisposta in precedenza. Analogamente è stato in Memoria iconoclasta, una serie di piccole tavole imperniate su ritratti di scienziati di cui si è perso ogni ricordo nell'immaginario collettivo. I loro volti sono frantumati, spezzati dall'impossibilità di essere riconosciuti. Dal premio Nobel per la fisica del 1932, Paul Adrien Maurice Dirac, vero padre dell'elettrone, ai più noti Heinrich Rudolf Hertz o Antonio Meucci, alle quattro donne protagoniste di importanti scoperte scientifiche - Emmy Noether, Marie Curie, Lise Meitner, madrina della bomba atomica, e Rosalind Franklin, determinante per l'identificazione del DNA - la processione di immagini procede come nel vano tentativo di recuperare i pezzi di un'identità prossima alla dissoluzione.
Una sezione della mostra è stata dedicata alla scultura, sempre intessuta di simboli onirici, di commistioni stranianti, di rapporti che variano dal microscopico al monumentale. È il caso di Mater dulcissima, due bronzi proposti in duplice scala, ridotta e imponente, in cui Gallo ha affrontato il tema della femminilità intesa come dolce rifugio. L'idea della donna come montagna cava si richiama a una tradizione iconografica che, dall'arte africana alle Madonne del Trecento con il manto aperto ad accogliere i fedeli sino a piazza San Pietro del Bernini, diviene metafora di un luogo appartato, riparato dal mondo, che ugualmente allude, nella contrapposizione tra pieno e vuoto, positivo e negativo, alla complementarietà tra maschile e femminile. Femmina atroce è nata da diversi spunti di riflessione per connotarsi di risvolti non molto dissimili. La mascella di uno squalo, animale per antonomasia tra i più aggressivi, suggerisce all'artista l'idea di una sequenza di forme in bronzo, esili e convesse come bacini di donna, applicate alla parete lungo quattro file parallele, come un merletto che, interagendo con la luce, disegna arabeschi di volta in volta mutevoli. Sette asce raffiguranti, nella lama tagliente, il suo profilo si sono trasformati in altrettanti Autoritratti autoritari che rappresentano nella ricerca di Gallo l'ulteriore tappa di un percorso da oltre un decennio orientato all'indagine della propria persona, con esiti sempre densi di profonda ironia.
La rassegna è a cura di Rolf Lauter, direttore della Städtische Kunsthalle di Mannheim, e Mirta d'Argenzio, curatore indipendente e autore di pubblicazioni dedicate all'arte contemporanea. Nel catalogo edito per l'occasione sono riportati i loro interventi: il primo affronta un'analisi delle componenti che ricorrono nel recente ciclo di opere, evidenziando la fitta trama di rimandi storici e artistici a cui sono riconducibili, il secondo propone una conversazione con l'artista, densa di riflessioni fondamentali per ricostruire la genesi e il significato profondo di alcuni suoi lavori. Claudio Abate, autore delle fotografie che illustrano il volume, interpreta la realizzazione del progetto nello studio dell'artista.