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a cura di Maurizio Fagiolo dell'Arco
13.12.1998 — 28.02.1999
a cura di Maurizio Fagiolo dell'Arco
13.12.1998 - 28.02.1999Numerose sono state in passato le rassegne dedicate all’opera di Giorgio de Chirico, per lo più orientate a documentarne l’intero percorso creativo con particolare attenzione al periodo metafisico e alle esperienze in ambito surrealista negli anni Venti, queste ultime oggetto della grande esposizione a Verona nel 1986 poi trasferita a Milano a Palazzo Reale. Analogamente si è atteggiata la critica, che ha tralasciato di considerare quanto il decennio tra il 1930 e il 1940 abbia rappresentato per la vicenda dell’artista una stagione ricca di intuizioni rese con una straordinaria varietà di mezzi espressivi.
L’ampia rassegna tenutasi a Verona dal 13 dicembre 1998 ha proposto una taglio inedito, focalizzando l’attenzione sulla ricerca che l’autore ha condotto negli anni '30. La rassegna, realizzata con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona e della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico di Roma, si è tenuta in due sedi: Galleria dello Scudo e Museo di Castelvecchio.
Con una selezione di oltre cinquanta dipinti provenienti da prestigiose raccolte pubbliche e private italiane e straniere la rassegna, a carattere strettamente scientifico, evidenzia come, allo sconvolgimento economico e sociale conseguente al crollo di Wall Street, coincida nell’iter dechirichiano la scoperta di una nuova pittura e di nuovi cicli fantastici. Se i generi sperimentati in passato – quali l’Autoritratto, il Paesaggio, la Natura morta, il Nudo – sono in questo periodo rivisitati con una sensibilità del tutto originale, il tema dei “Puritani”, intimamente connesso con le committenze per il teatro, e quello dei “Bagni misteriosi” testimoniano sorprendenti “ricerche di invenzione e di fantasia”, imperniate sulla raffigurazione statica e irreale di personaggi in un continuo rimando tra mito e quotidianità.
Con alcune opere particolarmente significative è stata analizzata la ripresa dei soggetti metafisici a partire dal 1938 e quindi il riproporsi di un’iconografia secondo il concetto nietzschiano dell’eterno ritorno, in un momento in cui è già matura la svolta romantica e barocca che prelude al decennio successivo.
Tra i dipinti presenti nella mostra, si segnala il grande autoritratto in piedi (1934) prestato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, che scandalizzò i visitatori della Quadriennale per la posa, non quella di un pittore antico o idealizzato, ma di un lavoratore della pittura. L’antico tema dei Dioscuri, che evoca le vicende dell’infanzia in Tessaglia dei fratelli Giorgio e Andrea de Chirico, ispira un gruppo di lavori di considerevole formato databili tra il 1930 e il 1935, due dei quali provenienti dalla collezione di Alfonso Orombelli e riuniti ora per la prima volta.
Il ritorno nelle sale accoglienti del Museo, che caratterizza la prima metà del decennio, è documentato dalle vedute di Genova, Parigi e Praga, dai nudi in riva al mare, dal ciclo dei ritratti della moglie Isabella con il superbo Autunno (1935) delle Civiche Raccolte d’Arte di Milano, e da una serie di nature morte di rara bellezza come la composizione con mele e limoni del 1932, in cui la frutta appoggiata su un drappo saettato dalla luce inquieterà persino Salvador Dalì.
Ettore e Andromaca (1930 c.) e Malinconia torinese (1938) sono alcune delle geniali repliche del “Manichino” e della “Piazza d’Italia” che la rassegna propone per una nuova lettura, non più prodotti per il mercato ma icone in cui continua a vivere l’illuminazione metafisica. Una dozzina di quadri strepitosi per felicità inventiva segna il culmine della ricerca nel decennio: tra questi, Nobili e borghesi (1933), manifesto di quel momento e sintesi al contempo delle esperienze surrealiste precedenti. Tornano per l’occasione alcuni lavori ritrovati di recente, come la più grande tela dei Bagni misteriosi, esposta a Roma e a New York tra il 1935 e il 1936, in cui a rivelare l’enigma oltre la porta della cabina è il pittore stesso.
La mostra è curata da Maurizio Fagiolo dell’Arco, autorevole studioso dell’opera di de Chirico, di concerto con un Comitato scientifico composto da storici dell’arte specialisti in materia. Il catalogo, edito da Mazzotta, presenta in apertura un ampio saggio del curatore, preceduto da un’articolata riflessione di Emily Braun sul contesto storico-artistico americano ed europeo in cui si colloca la vicenda dell’autore tra il 1930 e il 1940. Seguono gli scritti di Gaia Bindi sulla riscoperta dei generi, di Valerio Rivosecchi sulla neometafisica e sulla reinterpretazione dei temi che hanno caratterizzato gli anni Venti, di Flavia Matitti sulle “ricerche di invenzione e di fantasia”. Completano il volume il contributo di Nico Stringa dedicato alla fortuna e sfortuna critica, gli approfondimenti di Gerd Roos sull’autoritratto, di Alessandro Tinterri sulle realizzazioni per il teatro, di Fabrizia Lanza circa i rapporti tra de Chirico e Savinio. In chiusura, un epilogo di Renato Diez che è anche prologo al decennio seguente. A Laura Lorenzoni è affidata la redazione di un’ampia cronologia ragionata sulla base di numerosi documenti inediti provenienti dall’archivio Fagiolo dell’Arco.