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a cura di Fabrizio D'Amico
14.04.2007 — 23.06.2007
a cura di Fabrizio D'Amico
14.04.2007 - 23.06.2007Dopo aver a lungo esposto in Svizzera e in Germania stabilendo un rapporto privilegiato con la Galerie Carzaniga di Basilea, Gianriccardo Piccoli torna a esporre in Italia in una mostra personale alla Galleria dello Scudo a Verona, riunendo una selezione di venti dipinti eseguiti tra il 2001 e il 2007.
Segnalato sin dagli anni ’60 come esponente della cosiddetta 'figurazione esistenziale' e interprete di un linguaggio che traeva i suoi modelli dalla tradizione pittorica lombarda e da Ennio Morlotti in particolare, Piccoli ha proseguito lungo un percorso scandito da prestigiosi riconoscimenti, come il premio Feltrinelli nel 1984, e da importanti appuntamenti espositivi: si ricordino la partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1986, nella sezione "Aperto 86", e le rassegne allestite in sedi pubbliche (tra cui le antologiche a Wiesbaden al Brunnenkolonnaden am Kurhaus nel 1988 e a Monza al Serrone di Villa Reale nel 1990).
Adieu I (2001) e Letto di Vincent (2003) sono ora scelti a introdurre una serie di opere accomunate da un’insolita leggerezza. I titoli ribadiscono “questa dimensione a mezzo fra nostalgia e ansia, fra sogno e ricordo, fra allarme e sperdutezza della ragione: Secretum, Solitudo, Favola, Butterfly” (F. D’Amico) Concepiti talora come involucri trasparenti, all’interno dei quali si collocano object-trouvée o reperti di vita quotidiana, i lavori dimostrano come l’artista abbia elaborato un linguaggio imperniato sulla ricerca di materiali e tecniche inusuali. Oltre all’uso tradizionale dell’olio e della tempera, egli ricorre a garze e acetati; predilige la cera per amalgamare gli inserti cromatici ottenuti anche mediante l’applicazione di carte colorate o ritagli di tela dipinta.
A colpire è inoltre la dimensione narrativa del quadro suggerita dall’impiego di oggetti: l’anatroccolo in ceramica in Trappola (2006), le piccole scarpe dimenticate su una sedia in Trasparente (2006), il gomitolo di lana in Penelope (2007) o, ancora, la citazione di una barca in Exodus (2007), simbolo del viaggio nelle sue svariate valenze metaforiche. Si tratta in molti casi di vedute di interni – Entro o esco (2005-2006), Insonnia (2007) – in cui “è solo apparente la volontà di riassumere lo spazio di una stanza, magari attraverso l’allusione di un quadretto con un paesaggio, di un graffio sul muro, dell’impronta di un materasso, di una luce che penetra dall’esterno. Il tema finisce per tradursi in un 'interno psicologico'" (S. Facchinetti), sempre trasfigurato in visioni di delicata nostalgia.
La mostra è curata da Fabrizio D’Amico, autore di saggi fondamentali sull’arte italiana della seconda metà del ‘900. Nel catalogo edito per l’occasione, accanto a un suo testo che introduce le opere in mostra, viene pubblicata una prosa poetica di Dante Isella, autorevole studioso di letteratura italiana, e un intervento critico di Simone Facchinetti, conservatore del Museo Adriano Bernareggi di Bergamo, in cui si ripercorrono i temi che hanno ispirato la ricerca più recente dell’artista.