Home / Esposizioni / Emilio Vedova De America pitture 1976-1977
in collaborazione con la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova
14.12.2013 — 31.03.2014
in collaborazione con la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova
14.12.2013 - 31.03.2014De America, ciclo composto da circa cinquanta dipinti su tela e su carta eseguiti a Venezia da Emilio Vedova tra il 1976 e il 1977 è il tema della mostra organizzata alla Galleria dello Scudo in collaborazione con la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova. Il titolo attribuito ai lavori, tutti in bianco e nero, è un evidente rimando alle esperienze dell’artista negli Stati Uniti a partire dal 1951 per venticinque anni, dai rapporti instaurati con università, istituzioni pubbliche ed esponenti del mondo della cultura d’oltreoceano, ai numerosi appuntamenti espositivi dal Canada all’America latina e agli importanti riconoscimenti conseguiti in sedi prestigiose. Protagonista già dall’inizio degli anni ’40 dell’avanguardia artistica italiana in una Venezia particolarmente attiva con la rinascita delle storiche Biennali e la presenza di figure significative come quella di Peggy Guggenheim, Vedova entra ben presto in un circuito che travalica i confini nazionali.
Se nell’immediato dopoguerra l’asse Roma-New York favorisce un dialogo costante tra le nuove istanze dell’espressionismo astratto americano e il parallelo contesto artistico europeo, analogamente è configurabile un canale diretto che pone Venezia in rapporto con il mondo d’oltreoceano. Le esposizioni ai Giardini richiamano studiosi e critici di levatura internazionale in veste di membri della giuria e di commissari, come James Johnson Sweeney, dal 1952 direttore del Solomon R. Guggenheim Museum; facoltosi collezionisti convergono in Laguna per acquistare le migliori proposte del momento; intensa è l’attività che l’ente veneziano promuove nei paesi del Sud America così come del Nord Europa a cui anche Vedova prende parte.
In tale contesto Vedova riveste un ruolo di primo piano, come confermano i successi ottenuti alle Biennali di San Paolo del Brasile nel 1951 e nel 1953-1954, e a quelle veneziane sin dal 1950, tra cui spicca, nel 1960, il Gran Premio per la Pittura italiana conferito all’unanimità da una commissione internazionale presieduta dal critico inglese Herbert Read.
Presentare De America in questa mostra offre dunque l’occasione per ricostruire le tappe di un itinerario “americano”, in cui la pittura risente delle radicali trasformazioni che, in particolare tra gli anni ’60 e ’70, agitano il contesto sociale attraversato da mutazioni profonde.
A New York, dopo la personale alla Catherine Viviano Gallery nel febbraio 1951, Vedova si afferma quale miglior pittore italiano ricevendo il Solomon R. Guggenheim Foundation Award nel 1956, quando un suo lavoro viene acquistato da Blanchette Rockefeller per il Museum of Modern Art. L’anno prima, nel 1955, partecipa per la prima volta al Carnegie Institute di Pittsburgh, dove espone Spazio inquieto n. 4 acquistato poi da Giuseppe Panza di Biumo; figura in varie collettive negli States ed entra in importanti collezioni, come quelle di Stanley J. Seeger Jr. Più tardi, viene invitato a tenere cicli di lezioni in ambito universitario a Washington nel 1965, quindi a Filadelfia, Chicago, Cleveland, Detroit. Segue un lungo viaggio attraverso “deserti, canyons, riserve indiane, i ghetti neri e bianchi delle immense metropoli”.
Per il padiglione italiano all’Expo di Montreal nel 1967 l’artista veneziano concepisce Spazio/Plurimo/Luce, una grande installazione costituita da un complesso e simultaneo sistema di proiezioni da lastrine di vetro realizzate nelle fornaci Venini a Murano. Le forti ed esplosive problematiche di quegli anni e la sua natura sempre pronta a misurarsi con gli aspetti contradditori dell’esperienza umana e della società lo inducono a sperimentare tecniche non convenzionali. Proprio allora, a Berkeley in California, epicentro delle contestazioni poi sfociate nei disordini repressi con la violenza, tiene una serie di memorabili lectures sul tema dell’ “artista oggi” e della sua funzione. Ecco dunque che l’impegno universitario, proseguito nel decennio successivo – nel 1973 tiene il terzo ciclo di lezioni –, e l’amicizia con protagonisti del contesto culturale d’oltreoceano, come Allen Ginsberg e Dore Ashton, offrono all’artista l’occasione di un costante aggiornamento sui rivolgimenti in atto negli Stati Uniti, lacerati dalla contestazione per la guerra in Vietnam, da discriminazioni razziali e da un forte dissenso interno.
Questi accadimenti influiscono profondamente nella consapevolezza vedoviana del rapporto tra arte e società, con una partecipazione totale. Dopo le geometrie del 1946-50 e la progressiva e potente ricerca che lo porta dal Ciclo della protesta del 1953 a un confronto sempre più serrato tra pittura e spazio, con Intolleranza ’61, i Plurimi dell’Absurdes Berliner Tagebuch del 1964 fino a Spazio/Plurimo/Luce del 1967, l’atteggiamento di Vedova assume una direzione in netta controtendenza.
Anticipata da un’intensa attività grafica già all’inizio degli anni ‘70, il ciclo De America segna un deciso ritorno alla pittura, che evoca sentite analogie tra la sua Venezia e gli slum newyorkesi, dopo stagioni di assidua sperimentazione e di sondaggi in altre direzioni tecniche. Ciò si traduce nelle tele e nelle carte di grande formato riunite a Verona, in cui la composizione appare organizzata secondo linee-forza ancora più secche e incisive rispetto al passato: le pennellate ampie e vigorose si intersecano secondo direttrici precise, le stesure del bianco e del nero assumono un rigore assoluto senza concessione alcuna al colore.