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23.11.1974 — 23.12.1974
Dopo le mostre di Mario Sironi, Giorgio de Chirico e Ottone Rosai, dal 23 novembre 1974 la Galleria dello Scudo presenta l’opera di un altro maestro della pittura italiana della prima metà del Novecento, Massimo Campigli.
Negli anni dieci la passione per la pittura convive con le giovanili aspirazioni letterarie, tant’è che nel 1919, su incarico del “Corriere della Sera”, Campigli si trasferisce a Parigi, dove di giorno dipinge e di notte lavora per il giornale. La capitale francese offre numerosi stimoli e una moltitudine di modelli a cui guardare, desunti dalla tradizione così come dalla contemporaneità a lui più vicina: dagli egizi a Ozenfant, da Creta a Seurat, dalla pittura romana a Picasso, dall'arte romanica a Léger. Ma sarà dal 1928, e più compiutamente dall’inizio degli anni ’30, che si profila la ricerca di una figurazione essenziale, calata in un mondo silenzioso e attonito, sospeso nell’incanto di ampie armonie e di forme semplificate, spesso imperniato sulla ricerca di un ideale femminile trasposto in una dimensione arcaica.
Ed è proprio l’elemento femminile a divenire il leitmotiv della panoramica sull’opera dell’artista presentata per l’occasione a Verona. Attraverso una selezione di dipinti, anche di grandi dimensioni, si ripercorre l’evoluzione di un linguaggio che dai rimandi al mondo etrusco, ricorrente nelle opere degli anni ’30, si evolve in immagini totemiche, in cui il colore assume nuove valenze di natura compositiva.
Figure ideali, assorte e come sorridenti per misteriose rivelazioni, pronte a esibire monili, ventagli, abiti e parasole, accessori di un mondo gentile e aggraziato che trova ragione nell’intima corrispondenza con il valore lirico di una realtà che smuove la fantasia, immagini che risentono dell’arcaismo e della classicità mediterranea, così come dell’ordine ieratico egizio o della plastica indiana: sono questi gli elementi di un percorso espositivo volto a documentare l’intera parabola pittorica di Campigli, da tele come Bambina (1932) e La passeggiata (1932) a Le donne e la giostra (1947) e Vetrine (1953), sino a L’idolo blu (1963) e Femme et fenêtre (1968) dell’ultimo periodo. L’esposizione veronese è inoltre corredata da una ricca sezione dedicata ai disegni e alla grafica, comprendente acqueforti e litografie, in cui ricorrono i soggetti tipici del repertorio espressivo dell’artista.