Umberto Boccioni nasce nel 1882 a Reggio Calabria da genitori romagnoli. Costretto a continui trasferimenti (il padre è impiegato di Prefettura), frequenta le scuole a Reggio Calabria, poi a Forlì, Genova, Padova e a Catania dove consegue il diploma dell’Istituto Tecnico, dimostrando già da quell’epoca grande interesse per la letteratura e, nonostante la votazione mediocre, per il disegno.
Nel 1899 in seguito a contrasti familiari va a vivere a Roma presso una zia e si iscrive alla Scuola Libera del Nudo, studiando contemporaneamente disegno dal cartellonista Matalani, ritenendo l’Accademia troppo antiquata e repressiva. Diviene amico di Gino Severini e di Giacomo Balla che, reduce da Parigi, esercita un’influenza decisiva sui due e sugli artisti che frequentano il suo studio a Porta Pinciana. È introdotto al Divisionismo e alla conoscenza della pittura francese contemporanea, come pure medita sulle esperienze simboliste di Sartorio, De Carolis, Pellizza da Volpedo, Meunier e Kimt. Si interessa alla situazione culturale, artistica e filosofica europea, maturando proprie convinzioni attraverso la lettura di Sorel, Nietzsche e Renan. Scrive anche un romanzo inedito (Pene dell’anima, 1900) e collabora con alcuni periodici. In particolare, assieme a Severini conduce studi sul paesaggio, dipingendo en plein air nella campagna romana, attento agli effetti luminosi dell’atmosfera.
Nel 1901 esegue il primo disegno noto, in occasione del compleanno della sorella Amelia e una Figura maschile. Nel 1904 espone un Paesaggio alla Mostra Annuale degli Amatori e Cultori di Roma e l’anno seguente si ripresenta con un Autoritratto. Vinto un concorso di pittura, dall’aprile del 1906 Umberto Boccioni soggiorna per cinque mesi a Parigi interessandosi alla pittura degli impressionisti, dei postimpressionisti e di Cézanne in particolare, approfondendo il rapporto uomo-natura e lo studio di una scansione marcata dei piani; va quindi in Russia (a Tzaritzin, Egoritzin, Mosca e San Pietroburgo), sostando durante il viaggio di ritorno a Varsavia e Vienna.
Al rientro in Italia (dicembre 1906) si stabilisce presso la famiglia a Padova dove trascorre un periodo di riflessione sulle esperienze vissute, dimostrando, come scrive nel suo Diario, una grande insofferenza per la limitatezza del panorama artistico internazionale, reso noto in Italia attraverso la Biennale di quell’anno. “Voglio dipingere il nuovo, il frutto del nostro tempo industriale”, dichiara nel suo Diario e intanto si volge a un Divisionismo nel quale prevale la creazione libera e spontanea sulla minuzia tecnica. Si trasferisce a Venezia dove si iscrive all’Accademia di Belle Arti (aprile 1907), ma dopo pochi mesi (agosto) raggiunge la madre e la sorella che nel frattempo si sono trasferite a Milano e vi si stabilisce. Dopo il disorientamento per il dilagare del Liberty e della Secessione vista in Austria e i dubbi vissuti durante il soggiorno padovano, a Milano trova invece una città propositiva, ricca di fermenti, in cui si mescolano tensioni anarchiche, ricerca del progresso, ideologie socialiste.
Il 2 marzo 1908 conosce Gaetano Previati del quale ha già letto la Tecnica della Pittura. Siamo così a una seconda fase del Divisionismo del Boccioni prefuturista, dal tocco filante che incorpora luce analogo a quello di Previati, attento all’aspetto psicologico, agli stati d’animo, alla realtà e alla società industriale. Nei ritratti infatti compaiono officine, paesaggi urbani in trasformazione, pieni di vitalità (Ritratto della madre, 1907; Autoritratto, 1908; Officine a Porta Romana, 1908) e di una enfatizzazione della luce vorticosa (Controluce, 1909-10). Contemporaneamente nella grafica subisce gli influssi del linearismo di Munch, Klimt, Dürer, Beardsley e anche del Previati delle illustrazioni per le Novelle di Poe. Sempre nel 1908 è presente con il pastello Interno all’Esposizione Nazionale di Belle Arti a Milano.
Fondamentale nel 1909 è l’incontro con Filippo Tommaso Marinetti, che proprio in quell’anno ha pubblicato sul “Figaro” del 20 febbraio il Manifesto del Futurismo e il 10 febbraio del 1910 con Russolo, Carrà, Balla e Severini Boccioni firma il Manifesto dei pittori futuristi che esalta, contro il passatismo, i miti moderni del progresso, cui segue il Manifesto tecnico della pittura futurista (11 aprile). Questo, che individua nel “movimento” la base della vita, per cui cose e figure si amalgamano a vicenda e lo stesso spettatore è virtualmente collocato al centro del dipinto, riflette nei fondamentali concetti di “dinamismo” e di “simultaneità” una interpretazione personale del concetto vitalistico di durata di Bergson. Per Umberto Boccioni infatti, diversamente da Balla e Russolo, la dimensione tempo non è intesa come successione di attimi, né il movimento come principio ottico della persistenza retinica. È considerato globalmente come una dimensione della coscienza (“durata”) in cui il ricordo di azioni svolte in un passato recente o lontano, viene percepito simultaneamente; ciò che interessa è il motivo dell’azione. A questo momento appartengono Il lutto (1910), raffigurante due vecchie, una dai capelli bianchi, l’altra rossi, sono ritratte simultaneamente in tre atteggiamenti di tragico dolore, e La città sale (1910-1911), un unico e simbolico turbine ascensionale che imbriglia un cavallo, un uomo e palazzi in costruzione. Nel luglio del 1910, Marinetti presenta una rassegna di quarantadue opere di Boccioni alla “Mostra d’estate” di Ca’ Pesaro a Venezia.
Nel 1911 Boccioni conosce la pittura cubista restandone influenzato. Nel 1912 pubblica il Manifesto della scultura futurista (11 aprile) nel quale, per la teoria dell’abolizione della linea “finita” e della statua “chiusa”, gli oggetti, i piani atmosferici e l’ambiente attorno alle cose si legano tra loro; si vedano Sviluppo di una bottiglia nello spazio e Antigrazioso (La madre), eseguiti entrambi nel 1911.
Nel 1913 realizza una serie di sculture che sintetizzano in maniera sempre più forte l’interazione tra spazio, materia, movimento (Forme uniche nella continuità dello spazio e Sviluppo di una bottiglia nello spazio). Nel marzo del 1914 pubblica il libro Pittura Scultura Futuriste (Dinamismo plastico) e l’inedito Manifesto dell’Architettura Futurista. Partecipa a tutte le mostre del gruppo futurista in Italia e all’estero fino al 1914. Nel 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia, si arruola con altri amici futuristi nel Battaglione Volontari Ciclisti e parte per il fronte. L’esperienza della guerra lo porta a isolarsi e a rimeditare le sue idee. Nella pittura attenua sempre più l’elemento dinamico in favore di una plasticità cezanniana (Ritratto del Maestro Busoni). Dopo un periodo di congedo trascorso a Milano dal dicembre 1915 al luglio 1916, Umberto Boccioni viene richiamato alle armi e inviato a Sorte, nei dintorni di Verona, con un reggimento d’artiglieria da campagna, dove muore di lì a poco.