Marino Marini, nato a Pistoia nel 1901, dal 1917 frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze seguendo corsi di pittura e incisione e dal 1922 quelli di scultura con Domenico Trentacoste. Fin dagli anni giovanili mostra interesse per le avanguardie, oltre che per le possibilità espressive della scultura antica, arcaica, etrusca e medioevale, quest’ultima alla base della sua cultura figurativa, formata sui monumenti romanici e gotici pistoiesi. La predilezione per forme arcaizzanti si manifesta nelle opere pittoriche degli anni ’20 e ’30. Dal 1926 si stabilisce a Firenze e aderisce al gruppo di Novecento, con cui espone nel 1928 e nel 1929.
Nel 1927 incontra Arturo Martini, che nel 1929 lo chiama a succedergli nella cattedra di Scultura alla Scuola d’Arte di Monza, dove Marino Marini avrà studio e insegnerà fino al 1940: dal 1930 fino al 1948 infatti l’attività plastica diviene prevalente e la grafica è soltanto un supporto di studio e progetto per le opere di scultura. Nel 1929, durante un viaggio a Parigi, conosce Braque, de Pisis, Laurens, Lipchitz, Maillol e Picasso. Da questa esperienza trae un arricchimento cromatico e un influsso della pittura di Cézanne.
Nel 1932, alla Galleria Milano, tiene la sua prima personale. Contemporaneamente all’insegnamento, negli anni ‘30 compie numerosi viaggi in Francia, Olanda, Germania – dove rimane colpito dalle sculture equestri delle cattedrali di Francoforte, Norimberga e Bamberga –, Inghilterra, Belgio, Austria e più volte a Parigi, dove conosce Campigli, de Chirico, Magnelli, Kandinskij, Tanguy; prende parte alle Biennali di Venezia, alle Triennali di Milano e alle Quadriennali di Roma, dove è premiato nel 1935. In questi anni si definiscono alcuni temi tipici della sua scultura: il gentiluomo a cavallo, il pellegrino, il "Cavaliere" e la "Pomona".
Nel 1940 passa all’insegnamento nelle Accademie Nazionali, prima a Torino e poi a Milano, da dove fugge nel 1942 dopo che la distruzione della casa e dello studio per i bombardamenti, con la perdita di quasi tutte le opere del periodo giovanile. Si ritira allora in Svizzera presso la famiglia della moglie, Mercedes Pedrazzini detta Marina, dove conosce Banninger, Giacometti, Haller, Hubacher, Richier, Wotruba, e dove riprende a lavorare e a esporre. Nel 1949 partecipa alla mostra “Twentieth-Century Italian Art” al Museum of Modern Art di New York. Rientrato a Milano e all’insegnamento a Brera nel 1946, sviluppa il tema dei “Cavalieri” eroici e inizia quello della “Danzatrice”.
Nel 1948 alla Biennale di Venezia conosce Henri Moore, che frequenterà d’allora in poi anche durante i soggiorni estivi a Forte dei Marmi. Incontra quindi Peggy Guggenheim che, nell’autunno del 1949, acquisterà direttamente dall’artista un bronzo, L’angelo della città, poi collocato sulla terrazza della residenza veneziana in Palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande. Nel 1948 Marino Marini entra in contatto con Curt Valentin, titolare della Buchholz Gallery a New York, che ospiterà una sua personale nel 1950; il gallerista sarà l'importante tramite con il mondo del collezionismo americano, sia pubblico che privato. A New York Marini incontra Hans Arp, Beckmann, Calder, Dalì, Feininger, Mies van der Rohe, nonché alcuni grandi mecenati: tra questi Blanchette Rockefeller, che acquista un cavallo in bronzo per la propria raccolta.
Del 1951 è la sua mostra alla Kestner-Gesellschaft Hannover, poi trasferita al Kunstverein di Amburgo e all'Haus der Kunst di Monaco. Nel 1952 ottiene il Gran Premio per la Scultura alla Biennale di Venezia. Nel 1954, alla morte di Valentin, Pierre Matisse diventa il suo nuovo mercante. In questo decennio si rompe l’equilibrio statico delle sue figure e il tema eroico del cavaliere si evolve nelle composizioni tragiche di “Miracolo”, “Guerriero”, “Grido”, per poi trapassare negli anni ’60 in composizioni come Una forma in un'idea (1966). Nel 1959 una sua scultura monumentale viene collocata all'Aja.
Nel secondo dopoguerra riprende l’attività pittorica con svolgimento autonomo in grandi dipinti: dopo un periodo di ricerca di sintesi tra forma plastica e colore, il processo si risolse a favore di quest’ultimo, trattato a violenti intarsi, e si riaffermò una struttura salda e architettonica delle figure, con nudi, giocolieri, cavalieri. Fra le tante esposizioni a cui partecipò in questi anni si ricordino quelle alla Kunsthaus di Zurigo (1962), Palazzo Venezia a Roma (1966) e in Giappone (1978). Le sue opere sono presenti nei musei di tutto il mondo, ma raccolte particolari sono conservate alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Milano dal 1973, al Centro di Documentazione Marino Marini di Pistoia dal 1979, creato un anno prima della morte dell’artista a Viareggio nel 1980, e al Museo Marino Marini di Firenze, cui Marino Marini e la moglie hanno donato nuclei importanti di opere rispettivamente nel 1980 e nel 1988.