Giorgio Morandi, nato a Bologna nel 1890 in una famiglia della borghesia cittadina, nel 1907 si iscrive ai corsi inferiori dell'Accademia di Belle Arti della sua città, dove si diplomerà nel 1913. Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1909, la famiglia si trasferisce definitivamente in via Fondazza n. 36 e Morandi diviene il capofamiglia, assumendosi tutte le responsabilità. Gli amici degli anni di formazione sono i compagni d’Accademia, Mario Tozzi, Osvaldo Licini, Giacomo Vespignani e Mario Bacchelli (il fratello Riccardo scriverà nel 1918 il primo testo critico sull'artista, segnalando la "rivelazione" Morandi).
Il percorso accademico e gli studi di Morandi sono eccellenti, ma gli ultimi due anni si caratterizzano per numerosi contrasti con i docenti: avendo egli già effettuato un personale e moderno percorso di conoscenza, spesso esce dai canoni classici, fatto che incontra l’ostilità degli insegnanti. Giorgio Morandi, pur vivendo quasi sempre a Bologna, fin da allora è bene informato sull’opera di Cézanne, Derain, e Picasso. Ma non è solo al presente che guarda Morandi; infatti, dopo un viaggio a Firenze, riconsidera grandi artisti del passato, come Giotto, Masaccio, Piero della Francesca e Paolo Uccello, che appunto faranno parte dello sviluppo artistico del pittore bolognese.
In un primo tempo espone con i futuristi, e diviene tra il 1918 e il 1919 tra i massimi interpreti della scuola metafisica con Carrà e de Chirico. Nel 1920 si accosta al gruppo di "Valori plastici", recuperando in pittura la fisicità degli oggetti. In seguito intraprende una via del tutto personale, ma sempre calata nella realtà del mondo e delle cose. La sua prima esposizione personale si tiene nel 1914; in essa si può riscontrare la forte influenza di Cézanne, pittore fondamentale per la sua formazione artistica.
Nel 1930 gli viene assegnata per chiara fama e senza concorso la nuova cattedra di tecniche dell'incisione all'Accademia di Belle Arti di Bologna. Nello stesso anno è presente alla Biennale di Venezia con numerose acqueforti. Alla Biennale di Venezia, ove è ammesso sin dal 1928, ritornerà nel 1932 con un Ritratto, due Nature morte e diverse prove grafiche. Nel 1929 e nel 1930 invia opere anche alle rassegne del Premio Carnegie a Pittsburgh. Si avvia così quella consacrazione che negli anni seguenti sarà confermata da riconoscimenti da parte della critica che contribuiranno a consolidare la notorietà di Morandi, per decenni mai messa in discussione. All’incirca dal 1937 i suoi dipinti divengono sempre più “preziose gemme d'arte, sempre meno brani di natura”.
Nel dopoguerra e negli anni ’50 Morandi intensifica la vena di alto lirismo e di assoluta misura formale nella sua pittura. Si allontana anche dai dibattiti di tendenza, confortato in ciò da un intero settore della critica italiana – Raimondi, Longhi, Brandi, Gnudi, Ragghianti, Vitali e Arcangeli – che vede in lui l’emblema di un'autonomia del fare artistico, estraneo ai condizionamenti e ai linguaggi dell’epoca. Per tale ragione alla Biennale di Venezia del 1948, pur tra accese polemiche, gli venne assegnato il primo premio per la pittura.
Negli anni ’60 la sua pittura si fa sempre più rarefatta e trasparente. Nel 1963-64 espone alla mostra Peintures italiennes d'aujourd'hui, organizzata in Medio oriente e in Nordafrica. Nella sua casa di Bologna, dopo un anno di malattia, Morandi muore il 18 giugno 1964.
Durante gli anni ’70 e ’80 si infittiscono sempre più in Italia e all'estero le rassegne monografiche dedicate all’artista, ormai concordemente considerato tra i massimi artisti del secolo. A ciò contribuisce per buona parte l'attività dell'Archivio e Centro Studi Giorgio Morandi del Comune di Bologna, a cura del quale si aprirà nel 1993, in Palazzo d'Accursio, il Museo Morandi.