Carlo Carrà, nato a Quargnento, in provincia di Alessandria, nel 1881, dopo un giovanile impegno nella pittura murale, che nel 1900 lo porta dapprima a Parigi, dove decora alcuni padiglioni dell'Esposizione Universale di Parigi, e poi a Londra, si iscrive nel 1906 al corso di Cesare Tallone all'Accademia di Brera a Milano. Qui entra in contatto con il contesto legato al divisionismo lombardo, aprendosi inoltre a suggestioni simboliste grazie all'amicizia con Previati, Grubicy, Bonzagni e Romani.
Nel 1908 incontra Boccioni e Luigi Russolo. Dopo aver aderito al movimento di Marinetti, con Boccioni, Russolo, Severini e Balla, firma nel 1910 il Manifesto della pittura futurista e il Manifesto tecnico della pittura futurista, e nel 1912 è l’autore di un altro testo programmatico, La pittura dei suoni, rumori, odori (1912). Di questo periodo sono i dipinti Notturno in piazza Beccaria (1910) e I funerali dell'anarchico Galli (1910-11).
In occasione di un suo viaggio a Parigi nel 1912 con Boccioni per organizzare la mostra di pittura futurista alla Galerie Bernheim-Jeune, Carlo Carrà entra in contatto con i cubisti: nelle sue opere del 1912-13 si allontana sempre più dal Futurismo boccioniano imperniato sulla scomposizione di oggetti in movimento e la descrizione della velocità, e matura un personale approccio costruttivo che lo porta ad avvicinarsi al gruppo fiorentino di “Lacerba”, e in particolare ad Ardengo Soffici. Nel 1913 firma il Manifesto della pittura dei suoni, rumori, odori e il Programma politico futurista, autore inoltre di quadri come Donna + bottiglia + casa (1913), e tra il 1914 e il 1915 lavora molto col collage. Sono gli anni in cui scrive Parlata su Giotto e Paolo Uccello costruttore, saggi critici pubblicati nel 1916 sulla rivista fiorentina “La Voce”.
L'avvicinamento alla pittura antica avviene nel segno dell'ammirazione per il rigore volumetrico nel concepire la costruzione dei corpi nello spazio. Rientrano in questo clima dipinti come L'Antigrazioso o Bambina e Gentiluomo ubriaco (entrambi del 1916). Chiamato alle armi nel 1917, Carlo Carrà viene destinato all'ospedale militare di Ferrara, dove incontra de Chirico, Savinio, de Pisis. Negli anni 1917-19 matura una personale visione della Metafisica, che lo porta a superare i motivi enigmatici più manifestamente dechirichiani di La camera incantata (1917) e de La musa metafisica (1917) a favore di una ricerca volta a indagare il mistero nelle cose ordinarie (Natura morta con squadra, 1917). Nel 1919 sposa Ines Minoja e inizia la collaborazione alla rivista d'arte romana “Valori Plastici” , che proseguì fino al 1921. Tra le principali opere di questo periodo sono Ovale delle apparizioni (1918) e Le figlie di Loth (1919).
Nel dopoguerra Carlo Carrà collabora come disegnatore e critico alle riviste "Valori Plastici" e "La Ronda" e, dopo un periodo di crisi interiore e di meditazione durante il quale si dedica soprattutto al disegno, dipinge Le figlie di Loth, (1919), significativo delle sue ricerche sulla pittura italiana del Trecento - che nel 1924 daranno il frutto di una monografia su Giotto - di cui il capolavoro è Il pino sul mare (1921). Nel 1922 assume la critica d'arte su "L'Ambrosiano", che terrà fino al 1938 e, nello stesso anno, viene per la prima volta invitato alla Biennale di Venezia. Pur senza aderire ufficialmente al Novecento Italiano, è presente alla I e II Mostra alla Permanente di Milano (1926 e 1929). Nel 1926 dipinge L'attesa, uno dei suoi quadri più rappresentativi dell'appartenenza al clima del Realismo Magico. Tra il 1927 e il 1928, durante lunghi soggiorni estivi a Forte dei Marmi, matura una nuova idea del paesaggio, rinforzato dalla rimeditazione della lezione di Cézanne (Meriggio, 1927; Cancello, 1927; Foce del Cinquale, 1928).
A partire dal 1930 ai paesaggi e alle marine si affianca un rinnovato interesse per la figura umana (Estate, 1930; Le figlie del pescatore, 1932; I nuotatori, 1932). Nel 1933, in occasione della V Triennale, partecipa agli interventi di decorazione del Palazzo dell'Arte di Milano realizzando una pittura murale (oggi distrutta); sempre nell'ambito della pittura di committenza pubblica, rientrano i pannelli decorativi per la VI Triennale di Milano (1936) e le pitture murali per il Palazzo di Giustizia di Milano (1938).
Nel 1941 ottiene, per chiara fama, la cattedra di Pittura all'Accademia di Brera, e l'anno successivo Dell'Acqua e Pacchioni ordinano una sua mostra antologica alla Pinacoteca di Brera. Accanto all'attività pittorica, Carrà prosegue la sua attività di critico d'arte e di teorico, pubblicando Il rinnovamento delle arti in Italia (1945) e Segreto professionale (1962), raccolta dei suoi scritti sull'arte. Si dedica a un'intensa attività di illustratore (fornisce le illustrazioni per: l'Odissea nella traduzione di Quasimodo; Un coup de dés di Mallarmé, 1945; Saison en enfer di Rimbaud, 1946 e L'après-midi d'un faune di Mallarmé nella traduzione di Ungaretti, 1947).
Nel 1950 ottiene una sala personale alla Biennale, conseguendo il Gran Premio per un artista italiano. Negli ultimi anni di vita riceve importanti riconoscimenti, dalla mostra personale di Londra del 1960 alla mostra celebrativa tenuta a Palazzo Reale di Milano nel 1962. Carlo Carrà muore a Milano il 13 aprile 1966.